Una barca nel centro del Peru - Huancayo

Chi lo ha detto che il cambiamento è difficile? Cambiare è semplicissimo: ci pensi per giorni o settimane, valuti tutte le possibili alternative, soppesi i pro e i contro. Poi prendi una decisione ed ecco, tutto succede in un lampo. Hai detto sì, hai detto no, hai aperto la porta e sei entrato o l’hai chiusa dietro di te senza voltarti. 

Scatta un momento in cui non hai più dubbi o non hai più scelta, in cui sei pronto a decidere o qualcuno ha deciso per te. 

In ogni caso, che tu ci abbia pensato per un minuto o per un anno, il cambiamento avviene in quell’istante, e poi niente sarà come prima.

Tu non sarai più come prima.

Natale_Valparaiso_Cerro Alegre_freelance

È arrivato dicembre.

Il mese delle luminarie, dei mercatini, del “se non ci vediamo più inizio a farti gli auguri”. Il mese in cui inizi a riflettere sull’anno passato, sui progetti che avevi e su quello che hai effettivamente realizzato. Il mese dell’ansia del tempo, già veloce nei mesi precedenti e che adesso sembra scorrere come un fiume in piena, che nella sua corsa travolge tutti i programmi, e te nel mezzo.

Ancor più se sei un freelance.

Sono stanca. Sono settimane che prometto e mi riprometto di fermarmi e fare il punto della situazione. Di quest’anno diverso da tutti gli altri, di quest’anno libero.

Essere liberi è bellissimo, ma non è così semplice come sembra.

Oltrepo Trail - Trail Running Academy

Ho saltato un’intera stagione, ma da un paio di mesi sono tornata sulle colline dell’Oltrepo Pavese con il mio gruppo.

Il

Mio

Gruppo.

Mi fa un certo effetto scriverlo. Sono un battitore libero, una la cui routine sportiva preferita è quella di uscire in solitaria alle sei di mattina.

Ma il trail è uno sport diverso, rispetto alla corsa su strada.

Certo, anche qui si macinano chilometri, si esce quando fuori è ancora buio, si fa fatica per giustificare il proprio desiderio di carboidrati. Ma qui c’è un senso scanzonato di non prendersi troppo sul serio, forse perché è difficile essere seri quando sei coperto di fango dalla testa ai piedi. Il trail ti rimette in pace con te stesso e con il mondo, forse per la bellezza dei paesaggi che attraversi o forse perché alla fine sei talmente stanco da aver dimenticato perché prima di iniziare eri incazzato, o stressato, o nervoso.

Soprattutto, il trail è uno sport di gruppo in cui vale una delle regole fondamentali della montagna: non si abbandona nessuno, quindi nelle uscite si va al passo del più lento.

Ma come imparare a scegliere meglio, come decidere quanto rischiare?

Villa Pisani Stra

Quando devo scegliere, non ho mezze misure.

Se la questione è importante, spesso mi trascino all’infinito nel dubbio, come se soppesare e sezionare allo sfinimento ogni dettaglio mi permettesse prima o poi di scoprire qualcosa che mi era sfuggito.

D'altra parte una volta che la decisione è presa, chiudo gli occhi e salto. Niente tentativi, niente ripensamenti. Le parole sono importanti e quando arrivo a dire no, oppure sì, volto pagina e non mi chiedo più cosa sarebbe stato.

Vi siete mai chiesti perché il percorso che ci porta a scegliere è così complicato?

A quanto pare è colpa di quella che Dan Gilbert definisce la psicologia del nostro “sé futuro”, cioè l’idealistica convinzione che, in qualche modo, arriverà un momento in cui “diventeremo quello che siamo”.

Ma siamo proprio certi che questo nostro perfetto e solido "sé futuro" esista?

Awakening Risveglio Consapevolezza Uyuni_Train to Chile

Su una cosa non ci sono dubbi. In questa nuova vita che mi sono scelta non mi annoio mai. Ci sono giorni luminosi come a primavera e altri grigi come se il sole si fosse dimenticato di sorgere, proprio come in queste giornate di un autunno che stenta ad arrivare. A volte non è semplice, ma è anche il suo bello.

Lavoro con due tipologie di clienti molto differenti.

Da un lato ci sono gli uomini: di solito hanno qualche anno più di me, un lavoro che hanno amato ma che non dà più la stessa soddisfazione, la curiosità di capire cosa significa nel concreto fare un percorso per (ri)scegliere la propria strada. Con loro metto in gioco la mia parte più operativa, le competenze di tanti anni di azienda, gli strumenti che mi sono allenata a usare. A volte si lasciano andare e aprono uno spiraglio anche su pezzi di vita al di là del tema del lavoro, a volte non lo fanno e restiamo concentrati solo sulla direttrice principale. In ogni caso, hanno quasi sempre chiaro in mente perché sono lì: si sono detti “Ho un problema” e hanno cercato una soluzione.

Cosa è importante Alba Lago Maggiore

A. era una ritardataria cronica. Il problema è che era la mia amica del cuore, quella con cui a vent’anni vivi in simbiosi. Ad un certo punto doverla aspettare costantemente aveva iniziato a infastidirmi un po’. Così, una volta, le ho dato un appuntamento anticipandolo volutamente di mezz’ora. Si è offesa da morire, me lo ricordo. Ma io, in fondo, ero altrettanto offesa che lei non mi considerasse abbastanza importante da essere una sua priorità.

Perché cosa esiste di più prezioso del tempo?

Non ho tempo. Quando avrò tempo. Non ho un attimo di respiro. Aspetta un attimo. Non è il momento. Vorrei un momento solo per me.

La verità è duplice.

Via degli Dei verso Fiesole e Firenze

Da quando sono tornata a Milano dopo il mio trimestre zaino in spalla, mi sposto con i mezzi pubblici, o a piedi. Se non sono di fretta, mi piace affidarmi al solo senso dell’orientamento (che a volte prende sonore cantonate, il che però fa parte dei rischi del mestiere) senza vincolarmi a un percorso preciso, seguendo quello che attira la mia attenzione: la facciata di un palazzo storico, l'ombra di un viale secondario, un terrazzo traboccante di verde che si intuisce lassù in cima. Altre volte, invece, mi rendo conto di essere contagiata dalla cattiva abitudine di vivere guardando lo schermo del cellulare, invece che il mondo attorno a me.

L'espressione inglese rende molto bene il paradosso: siamo sempre meno “human beings” (esseri umani) e sempre più “human doings” (“fare” umani).

Running Charlotte_100 Principesse Torino

“Ciao, sono Carlotta!”

Fa un effetto straniante, riconoscere la sua voce anche se non ci siamo mai incontrate. È l’effetto asimmetrico dei social: dalla scorsa primavera leggo il suo blog, guardo le sue foto e seguo i suoi video su Instagram. Ho letto le sue parole, conosco il suo sguardo e i tratti del suo viso e, appunto, la sua voce, il tono squillante e quell’accento che non so completamente collocare.

Mi sembra di conoscerla mentre lei di me non sa niente, sono solo un indirizzo email che l’ha raggiunta attraverso un contatto comune, e che le ha chiesto di poter fare una chiacchierata.

La verità, naturalmente, è che nemmeno io so molto di lei. Beviamo un caffè mentre fuori piove, e Carlotta mi racconta la sua storia, che inizia proprio come tante altre. La laurea in design dopo la quale si rende conto che lavorare in uno studio non fa per lei, che quelli che dovrebbero essere puri luoghi di creatività in realtà sono ingessati in abitudini non scritte, come e più di un qualsiasi ufficio fatto di procedure e scadenze. L’idea di utilizzare in modo differente le sue competenze candidandosi per un ruolo in azienda.

E le circostanze che, come spesso capita, prendono una direzione diversa e le aprono una strada che nemmeno aveva immaginato.

Kyoto, Gion - Forse

Saranno state le camminate nel bosco o la pila di libri letti nelle scorse settimane, quel che è certo è che a settembre mi sono ritrovata con una serie di idee appuntate su quaderni e fogli volanti - e l’annosa domanda di come ridurre il rischio che rimanessero esattamente dov’erano, fino a diventare tracce sbiadite e poco leggibili (anche grazie alla mia pessima calligrafia), e concludere quindi la loro gloriosa esistenza dritte nel cestino.

Ma perché è così difficile iniziare?

L’inizio è un momento affascinante, che porta con sé il brivido di varcare la soglia per scoprire cosa c’è oltre. Ma forse è proprio questo movimento, raccontato dai due nuclei della parola in (dentro) + ire (andare), che ci fa esitare. Perché l’inizio segna un confine chiaro, da cui non si torna indietro, o si torna indietro diversi, una volta che lo si è oltrepassato. Come essere sul bordo del trampolino, e finalmente decidere di tuffarsi.

Mi sono imbattuta per caso in Francesca Presentini, giovanissima grafica e fumettista toscana, che ha trovato un nome perfetto per il momento (lungo o breve che sia) che precede una decisione: la Comfort zone del Forse.