Direzione e distanza da ushuaia

Se mi concentro sono sicura di riuscire a sentirli ancora, quei rumori. La campanella che suona, i passi che si affrettano su per le scale, le risate in direzione della nuova classe per evitare che resti vuoto solo il banco in prima fila.

Per molti è questo, il vero inizio dell’anno. Il primo giorno di scuola.

In realtà di solito io sono tra quelli che le domande sulla direzione da prendere se le fanno a capodanno: qualche volta stilando la classica lista di buoni propositi (che spesso finiscono troppo presto nel dimenticatoio), lo scorso gennaio con pensieri un po’ diversi, pronta a cominciare non solo un nuovo anno ma soprattutto una nuova vita.

Ma quest’estate un po’ anomala, di ritmi rallentati fuori e dentro, di ricordi da bambina da lasciar andare e specchi in cui guardarsi come fosse la prima volta, è stata prima una stagione di bilancio, poi di rielaborazione, infine di nuova progettazione.

Perché se non è più di moda porsi dubbi esistenziali e assoluti, se cerchi di definire i tuoi prossimi passi prima o poi almeno te lo chiedi - 

Chi sono io, in questo momento?

In viaggio contromano

Da bambina, non ho mai sognato il giorno del mio matrimonio. Dei giochi d’infanzia ricordo un sacco di tela che racchiudeva i mattoncini con cui passavo interi pomeriggi a costruire città, la mia automobilina preferita, blu con il numero bianco, il muro di cinta che scavalcavo arrampicandomi sul ramo di una pianta di fichi. Già allora ero allergica ai confini, a quanto pare.

Forse scrivo proprio per questo.

Perché, come ho letto in un bellissimo pezzo di Bianca Borriello,

"Gli uomini raccontano storie per accorciare le distanze. Le distanze tra se stessi e gli altri, le distanze tra l’incomprensibile e il compreso, le distanze tra l’accaduto e il ricordo."

Il mio bisogno di indipendenza, di ricerca, a volte mi fa sentire sola.

Anche se ho la mia rete che mi protegge, che mi fa sentire sicura persino quando sono a migliaia di chilometri di distanza. Sarà per questo che sento una stretta al cuore quando vedo una coppia anziana che cammina lenta, tenendosi per mano.

Dentro e Fuori - Tutta questione di Prospettiva

Una mattina ricevo il messaggio di un’amica: “Posso chiederti un parere?”. Vorrebbe candidarsi ad alcune opportunità lavorative, ma si sente bloccata. Se penso a lei vedo una persona con un percorso professionale solido, con competenze specifiche e ben dimostrate dal suo curriculum, una che addirittura ad un certo punto ha deciso di investire su se stessa e si è rimessa a studiare.

Lei, invece, sono settimane che si chiede persino se abbia senso provare a proporsi. Per dire della differenza che ci può essere tra “dentro” e “fuori”, tra quello che vediamo di noi stessi e l’immagine che trasmettiamo.

Raccontami una storia

Si dice che, quando leggiamo un libro, non stiamo semplicemente leggendo ciò che abbiamo sotto gli occhi. In ogni storia cerchiamo noi stessi, e lo stesso avviene con le parole che ci vengono dette, con le situazioni che affrontiamo quotidianamente. Abbiamo bisogno di dare una spiegazione, di trovare il nostro senso.

Troppo tardi per cambiare meridiana orologio

Lo scorso anno, mia madre si è laureata. In teologia. Aveva già una prima laurea in agraria, dopo la quale ha lavorato tutta la vita come ricercatrice. Ma dopo essere andata in pensione, deve aver deciso che non era troppo tardi per fare qualcosa che le andava di fare.

In questi anni spesso l’ho presa un po’ in giro, quando mi diceva che non ci potevamo vedere perché doveva studiare per un esame: mi faceva sorridere vederla prendere così seriamente qualcosa che faceva “solo” per se stessa.

Ebbene, mi sembra il momento di ammetterlo pubblicamente. Mi sbagliavo.

Fare qualcosa per se stessi è probabilmente il motivo migliore per iniziare qualcosa.

Mia sorella è partita da quindici giorni. Non è ancora il trasferimento definitivo, ma ormai si tratta solo di attendere i tempi tecnici per ottenere il visto di lavoro. Ha venduto la maggior parte delle sue cose, altre le ha regalate, la casa è sempre più vuota. Spera di riuscire a vendere presto anche quella. Direzione, l'Australia. Quello che si dice cambiare vita.

E in effetti, quando pensiamo a come potremmo inventare la nostra vita immaginiamo possa essere solo così.

Mollo tutto, vado via. Addio al traffico, alla fretta, alle troppe ore di lavoro.

Un bellissimo quadro, che però per la maggior parte delle persone resta il proverbiale sogno nel cassetto. Chiuso a doppia mandata.

Opposti in equilibrio

Chissà perché, in qualunque parte del mondo cammini, ad un certo punto trovi una pila di pietre disposte una sopra l’altra. Cercando l’altezza, cercando l’equilibrio.

Forse la prima volta in cui mi sono trovata in bilico tra due strade divergenti è stata la scelta della facoltà universitaria. Da un lato, le lingue straniere - che per me rappresentavano il desiderio di poter comunicare direttamente con persone di provenienza e cultura diversa. Dall’altra, l’astronomia - lo spazio, il mistero, le stelle. Non ho avuto il coraggio di scegliere la strada meno comune, convinta che non potevo essere abbastanza brava da trovare il mio posto in un mondo ristretto come quello di chi passa la sua vita a studiare il cosmo. Certamente, due strade apparentemente inconciliabili: già a diciott’anni mi sentivo in equilibrio precario tra poli opposti.

ponte sospeso coraggio paura

Ricordo esattamente il momento in cui ho capito che non mi sarei seduta nuovamente alla scrivania che mi aspettava nel mio ufficio, a Milano. Come se in un attimo fosse diventato tutto chiaro, come se fossero spariti per magia tutti i dubbi.

All’improvviso avevo il coraggio di farlo.

Ero partita presto, con un minibus che da Huaraz mi aveva portato all’ingresso del Parco Nazionale Huascarán. Non avrei dovuto nemmeno arrivarci, in questa zona non completamente fuori dalle rotte, ma nemmeno nel cosiddetto gringo trail battuto dal turismo mordi e fuggi. Ma il Peru mi aveva conquistato e volevo scoprirlo anche e soprattutto nelle sue regioni meno note e celebrate. Avevo seguito quello che mi serviva, non quello che avevo programmato.

you can't always get what you want

Quando ho iniziato a viaggiare per lavoro, la mia innata tendenza alla programmazione ha avuto l’opportunità di sfogarsi liberamente: per avere tutto sotto controllo la mia agenda era un mosaico di impegni e spostamenti in giro per l'Italia, tra appuntamenti professionali e personali, tanto da guadagnarmi il soprannome di ragazza tetris.

La soddisfazione di vedere tutti quegli incastri perfetti, però, si scontrava spesso con l’imprevisto dietro l’angolo: lo sciopero dei treni, la riunione che salta, l’amica che cancella all’ultimo l’aperitivo (anche perché l’avevo costretta a fissarlo un mese prima e in realtà fino al giorno precedente se ne era - giustamente - dimenticata).

Io spostavo, rivedevo, pianificavo tutto da capo. Sempre con in testa l’idea di controllare ciò che potevo e riportare il tutto sulla retta via, anche quando ci metteva lo zampino qualcosa al di fuori della mia possibilità di influenzare gli eventi. Sulla retta via, cioè la mia.

Sarà anche per questo che avevo problemi con il concetto di desiderare.