Non si può avere tutto (e perché è una fortuna)

you can't always get what you want

Quando ho iniziato a viaggiare per lavoro, la mia innata tendenza alla programmazione ha avuto l’opportunità di sfogarsi liberamente: per avere tutto sotto controllo la mia agenda era un mosaico di impegni e spostamenti in giro per l’Italia, tra appuntamenti professionali e personali, tanto da guadagnarmi il soprannome di ragazza tetris.

La soddisfazione di vedere tutti quegli incastri perfetti, però, si scontrava spesso con l’imprevisto dietro l’angolo: lo sciopero dei treni, la riunione che salta, l’amica che cancella all’ultimo l’aperitivo (anche perché l’avevo costretta a fissarlo un mese prima e in realtà fino al giorno precedente se ne era – giustamente – dimenticata).

Io spostavo, rivedevo, pianificavo tutto da capo. Sempre con in testa l’idea di controllare ciò che potevo e riportare il tutto sulla retta via, anche quando ci metteva lo zampino qualcosa al di fuori della mia possibilità di influenzare gli eventi. Sulla retta via, cioè la mia.

Sarà anche per questo che avevo problemi con il concetto di desiderare.

Avevo sentito parlare di legge dell’attrazione, di aprirsi all’universo e a quello che ci può concedere. Seppur abbastanza scettica avevo provato a scrivere ogni giorno i miei desideri per la giornata. Ma invariabilmente mi ritrovavo a guardare la pagina bianca e chiedermi “Ma, esattamente… desiderio in che senso?!” Sono brava a elencare cose da fare, scadenze, progetti e azioni da mettere in pratica.

Ma a che serve desiderare invece che agire?

Poi, ho iniziato a capire che facevo un errore di fondo.

Vedevo il desiderare come modalità passiva di affrontare la vita. Il mio non era un giudizio consapevole, e proprio per questo ci ho impiegato ancora più tempo a rendermi conto quanto fosse radicato in me. Consideravo il desiderio una forma di mancata presa di responsabilità. L’opportunità di restare lì, attendere che le cose ti cadano addosso senza sforzo. E, se non lo fanno, iniziare a lamentarti e dire “Ma perché non posso avere tutto ciò che voglio?

Solo che desiderare non vuol dire stare solo ad aspettare.

Cosa vuol dire per te avere tutto?

Io ci ho impiegato parecchio tempo, a vedere la differenza tra raggiungere un obiettivo e darsi un obiettivo. In parte è questione di approccio individuale, in parte sono “nata e cresciuta” in un’azienda che aveva uno scarto così breve tra il pensiero e l’azione che a volte mi veniva addirittura il dubbio che ci si fosse messi all’opera saltando a piè pari la fase di analisi e pianificazione.

Sto ancora facendo pratica – d’altra parte come potrei avere la pretesa di dare supporto alle persone che vogliono allenare il proprio cambiamento se non cercassi di mettermi in discussione per prima? Ma, nel frattempo, ho imparato che i desideri possono essere uno strumento potente per iniziare un percorso.

I desideri ti permettono di pensare in grande, di non limitarti a quello che pensi di essere in grado di fare.

Per diventare la persona che vuoi essere non ci sono scorciatoie. Devi darti il tempo di pensare cosa vuoi ottenere e perché. Cos’è il tuo avere tutto e di cosa invece puoi fare a meno. Devi essere onesto con te stesso per capire se lo vuoi davvero, se lo vuoi abbastanza da metterci la fatica, l’impegno, il tempo, il rischio che sono necessari.

E perché non avere tutto spesso è una fortuna

La cosa più interessante che mi ha insegnato l’allenamento a desiderare, è la capacità di osservare ciò che accade. Credo sia questo il meccanismo che cambia radicalmente le cose: quando la mattina seguente rileggo ciò che mi ero augurata per la mia giornata, rivedo spesso dei punti di contatto con quello che mi è effettivamente successo. O, per meglio dire, riesco a trovare un livello ulteriore di significato, che può diventare lo spunto di partenza di ciò che voglio realizzare.

Perché, a mio parere, il segreto è proprio questo.

Darsi la libertà di osservare, mantenere la curiosità di cercare connessioni tra le diverse situazioni e con le diverse persone che incrociamo sulla nostra strada.

Ripenso ai primi mesi di questo anno. Mi sono incamminata su una strada lavorativa differente e mi sono trovata senza una serie di riferimenti: da quelli più semplici, come andare ogni giorno nello stesso ufficio e sapere che avrei collaborato con gli stessi colleghi, fino a quelli più complessi, come dover costruire la mia nuova identità professionale, la mia offerta, il mio business plan.

Non avevo immaginato molte cose, e quelle poche non sono andate come avevo previsto.

E non avere tutto quello che avevo immaginato è stata una fortuna.

Sono stata costretta a fermarmi, ed è come se solo in quel momento mi fossi ricordata che potevo alzare gli occhi e guardarmi intorno.

Intorno c’erano un sacco di cose che non avevo nemmeno preso in considerazione.

Torno all’origine stessa della parola fortuna, che richiama ciò che ci viene portato. Dalla sorte, che veniva infatti rappresentata come una divinità bendata.

La cosa importante, è che non finisce tutto lì.

Vedere e decidere cosa fare di ciò che ci arriva per caso, infatti – be’, sta tutto a noi.

Laura Cerioli
laura.cerioli@yahoo.it

People Partner | HR Transformation | Leadership Development. Lavoro a supporto di aziende in crescita, in quella delicata fase di passaggio che richiede di rivedere, ottimizzare e sistematizzare i processi interni dedicati alla gestione e allo sviluppo delle persone.

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