5 cose che non credevo

Da quando mi sono messa in proprio, un giorno sì e uno pure mi ritrovo con la sensazione di navigare a vista. Certamente - fai il  business plan, cerchi di capire il tuo target, prevedi il tuo calendario editoriale, scrivi post e fai foto e partecipi ad eventi di networking e disegni il tuo servizio. Insomma, segui tutte le regole di chi lo ha fatto prima di te e quindi si suppone ne sappia più di te.

E sono tutte cose che vanno benissimo.

Solo che non sono abbastanza.

Tra il dire e il fare - Puerto Natales Chile

C’è chi sostiene che il mondo si divida nettamente tra chi cerca la sicurezza e chi l’avventura. Tra lo stare e l'andare.

Nel mondo lavorativo fino a qualche decennio fa era sostanzialmente vero, nella distinzione tra dipendenti a-tempo-indeterminato-manco-fosse-un-matrimonio e imprenditori, raccontati come sognatori che lavorano duro per godersi la bella vita.

Poi i matrimoni hanno iniziato ad essere meno per sempre, e i lavori anche. A volte per caso, a volte per scelta. Aver dato per scontato che saremmo rimasti tutta la vita da uno dei due lati della barricata si è dimostrata una visione poco realistica

Il mercato si evolve. Abbiamo aspettative ben diverse rispetto a quelle dei nostri genitori qualche decennio fa. Insomma, oggi non possiamo né vogliamo attraversare il nostro percorso lavorativo affidandoci al pilota automatico.

Ma una volta che hai individuato la direzione in cui vuoi muoverti, che si fa per iniziare? 

Laura-Cerioli-Felicità-Valle-dAosta-Amicizia

Glielo dirò quando… Lo farò quando… Inizierò quando… sarò felice quando...

Ci raccontiamo che se non abbiamo ancora raggiunto un obiettivo è solo perché non abbiamo avuto tempo a sufficienza, e nel frattempo restiamo in movimento perpetuo, alla ricerca costante della prossima occasione per dimostrare.

Magari ci siamo impegnati al massimo per un risultato per poi renderci conto, una volta che lo abbiamo raggiunto, che in realtà non era cambiato niente. Che eravamo nervosi, preoccupati, insoddisfatti come prima di aver iniziato.

Oppure abbiamo mille idee, ma per realizzarle ci diciamo che dobbiamo essere pronti. Peccato che la vita sia cambiamento costante e quindi probabilmente questo momento perfetto non arriverà mai.

In ogni caso, viviamo aspettando di essere finalmente felici. Come se fosse un dono dall’alto, che prima o poi arriverà.

Solo che, di solito, non funziona proprio così.

Laura Cerioli Perito Moreno

Metterci la faccia.

Il titolo dell'invito al Breakfast Club sembrava scritto giusto giusto per me. Tanto più che l'ho ricevuto mentre ero alle prese con la stesura dei testi per il sito.

Ditelo, che mi avete letto nel pensiero.

Dopo quasi un anno di 25esimaora, in cui avevo condiviso senza grandi resistenze o timori quello che osservavo e vivevo e pensavo, mi stupiva non poco vedere quanto fosse differente la sensazione che provavo invece all’idea di mostrarmi in nuova veste.

Forse perché lo sentivo come un "mostrarmi in maniera ufficiale".

Così avevo ancora più voglia di tornare a confrontarmi con quel gruppo che non vedevo da mesi. Per sentire cosa significava anche per loro, metterci la faccia.

Labirinto Lucca

Sospetto che mi madre non abbia mai capito esattamente che lavoro faccio.

Il che è pienamente comprensibile. Fa parte di quella generazione che è andata in pensione dalla stessa azienda con cui aveva iniziato a lavorare pochi giorni dopo aver terminato gli studi.

Le sono invece toccati tre figli irrequieti: uno che si è trasferito oltre confine, una che ha l’obiettivo di andare dall’altra parte del mondo. E io, che avevo una buona posizione e che ho deciso di mollarla per occuparmi di un lavoro che fino a poco tempo fa nemmeno esisteva. Ammetto che con l’allenamento è molto migliorata. Quando ho annunciato la mia partenza per il Sudamerica quasi non ha battuto ciglio e anche adesso sta reggendo piuttosto bene.

Così, dato che ce la sta mettendo tutta per capire cosa ho esattamente in testa, le ho promesso un post per spiegarle che cosa faccio.

Iniziamo dal principio…

Cos’è il coaching?

Resilienza e resistere

Pietro Trabucchi è esattamente come te lo aspetti dopo aver letto i suoi libri. Fisico asciutto, età indefinibile, uno che appena apre bocca ti fa capire che alle parole preferisce i fatti.

E in effetti, in questo giovedì sera milanese in cui è stato invitato a parlare di resilienza, non si perde in chiacchiere.

Ho letto Perseverare è umano qualche anno fa. E ho subito iniziato a regalarlo. È un po’ la prova di quanto mi sia piaciuto un libro, quando lo regalo. Vuol dire che ci ho trovato dentro qualcosa di tanto vero che mi sembra impossibile tenermelo solo per me.

Certo, sono di parte. Da maratoneta come potevo restare indifferente a chi abbraccia la teoria secondo cui l’origine della nostra forza di volontà è da individuare nelle infinite battute di caccia con cui l’uomo primitivo sfiniva le prede per poterle poi assalire?

Guardiamoci allo specchio. Dal punto di vista evoluzionistico siamo degli animali che avrebbero ben poche possibilità di sopravvivere, se ci affidassimo alla sola forza fisica. Così per millenni abbiamo fatto affidamento sulla nostra motivazione e sulla capacità di sopportare, per raggiungere un obiettivo.

La resilienza.

"Ti scrivo per chiederti: dal momento che hai deciso di cambiare vita, non hai paura, anzi terrore, di non riuscire a guadagnare a sufficienza per mantenere te e le tue passioni?”

Da quando ho aperto il blog, mi capita di aprire la posta e trovare un messaggio da una persona che non conosco. A volte, una domanda come questa.

È una delle cose che mi rende più felice, vedere che le mie parole diventano un dialogo. Anche quando la domanda non è semplice. Forse proprio perché la domanda non è semplice.

Così rileggo le due righe, e quelle che seguono. Mi fermo, ci penso.

E poi rispondo che no, non ho paura.

La prima settimana di gennaio non è fatta solo di obiettivi. Il secondo rito con cui mi piace accompagnare questo momento è quello di scegliere la parola che accompagnerà il nuovo anno.

 

Anche di questo esercizio non avevo mai sentito parlare. Poi a dicembre di due anni fa sono capitata per caso in mezzo ad una discussione su quella che chiamavano

la Parola dell’Anno.

Caro 2018, stai per arrivare e come sempre ti aspetto piena di curiosità. Lo sai, sono sempre stata una che raggiunge gli obiettivi. Brava a scuola, efficace nel lavoro. Una di quelle per cui l’idea di non portare il risultato non è nemmeno contemplata.

Solo che non era detto che fossero i miei, di obiettivi.

Era il primo weekend del Master in Coaching di Accademia della Felicità e l'esercizio che stavo facendo mi obbligava a chiedermi se la direzione in cui mi stavo muovendo tanto velocemente era realmente quella in cui volevo andare.

I buoni propositi, quelli non funzionano mai.