Vista del Beagle Channel, Ushuaia

"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe. “Anche questa è una cosa dimenticata” rispose la volpe "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore”

Me ne sono resa conto l’ultima mattina a Ushuaia. L’ostello ancora silenzioso, e io seduta ad un tavolo della cucina a scrivere. Era diventato il mio rituale del mattino. Quella sequenza di azioni che ti fanno sentire al posto giusto.

Mi alzo presto, e non lo faccio solo quando davanti ho una giornata piena di impegni

Ho iniziato per caso. Dieci anni fa avevo appena assunto un ruolo che mi portava a viaggiare molto. Così la sveglia presto era necessaria per lo spostamento che mi avrebbe portato fino a destinazione.

Ho scoperto che alzarmi all’alba non mi dava fastidio. Anzi, mi piaceva proprio.

Caro 2018, stai per arrivare e come sempre ti aspetto piena di curiosità. Lo sai, sono sempre stata una che raggiunge gli obiettivi. Brava a scuola, efficace nel lavoro. Una di quelle per cui l’idea di non portare il risultato non è nemmeno contemplata.

Solo che non era detto che fossero i miei, di obiettivi.

Era il primo weekend del Master in Coaching di Accademia della Felicità e l'esercizio che stavo facendo mi obbligava a chiedermi se la direzione in cui mi stavo muovendo tanto velocemente era realmente quella in cui volevo andare.

I buoni propositi, quelli non funzionano mai.

Qualche mese fa mi è venuta voglia di provare a disegnare. Non era uno dei miei passatempi da bambina. Mi rivedo sdraiata sul pavimento a costruire città e storie con i mattoncini. Ricordo infiniti pomeriggi ad esplorare il mondo al di là del muro di cinta, che scavalcavo attratta come da una calamita dal senso di mistero di ciò che non avevo ancora visto. O immersa nei libri di mia madre da ragazzina, immagine anche questa sconosciuta e lontana, di cui cercavo indizi in quelle pagine che aveva letto qualche decennio prima di me. Non mi sono mai considerata una persona creativa. Probabilmente perché associavo a questa parola l’idea di una legittimazione legata al riconoscimento pubblico ed economico. Chi ti credi di essere? Cosa credi di avere di così eccezionale? Non sei un genio e con la creatività non ci camperai mai, quindi puoi anche lasciar perdere prima di iniziare. Nessuno me lo ha detto in maniera esplicita, ma in qualche modo è quello che ho assorbito dall’ambiente in cui sono cresciuta. Bisogna studiare per avere bei voti, scegliere un lavoro solido, avere un obiettivo pratico. Dedicare le proprie energie a qualcosa di produttivo. Ed è esattamente quello che ho fatto. Poi un giorno sono tornata a casa con un album di fogli bianchi, una matita e una gomma. Ho cercato online un manuale con qualche spunto da cui partire. E ho iniziato. È strano, mettere mano ad un’attività dimenticata da chissà quanto tempo. È strano, mettere mano a qualcosa senza chiederti quale sarà il risultato. Ma è anche molto liberatorio, e mi ha insegnato parecchie cose.

Elena Dossi, Professional Organizer, ci spiega il cambio armadio perfetto in un workshop presso IKEA Carugate Fino a un anno fa, abitavo in una casa molto più grande. Avevo una camera vuota, che poco alla volta è diventata la versione extra-large del cassetto in cui butti distrattamente le cose magari–poi-mi-serve. Alla fine la chiamavo rifugium peccatorum e, in tutta sincerità, avevo dimenticato gran parte delle cose che conteneva. In vista del trasloco, ne ho approfittato per fare piazza pulita. Io sono così, quando mi prende la fase repulisti non guardo in faccia nessuno. Un sacco nero e via. Se erano lì dimenticate da mesi, la possibilità che quelle cose mi tornassero utili era piuttosto remota. Non è così per tutti, lo so. Spesso l’idea di buttare ci mette in crisi ancora prima di iniziare.

 
"Cosa significa essere VERO?" Chiede il Coniglietto di Velluto al Cavallo di Cuoio. (…) "Vero non è come sei fatto, è una cosa che ti succede." "E fa male?" incalza il Coniglietto. "Sì, un po’," deve ammettere il Cavallo, "ma quando sei VERO, in fondo non ti importa molto se fa male."
  Lo scorso anno, iniziando il tirocinio in coaching, sono stata travolta dalla sensazione di non essere pienamente all’altezza della situazione, andando quindi ad approfondire in maniera un po' disordinata e affannosa ogni argomento che emergeva nei percorsi che mi trovavo a seguire. E proprio in una di queste ricerche un po' disorganizzate ho incontrato per la prima volta la teoria dell’agilità emozionale, citata in un articolo della Harvard Business Review che non c’entrava granché con il tema su cui stavo ragionando in quel momento, ma che mi ha subito conquistato.

  Suona familiare? Tante, troppe volte, quando devi  passare dal pensare al fare, in automatico scatta la tentazione di rimandare l’inizio dell’azione vera e propria. A domani, alla primavera, a quando avrò tempo, a quando sarò pronta. C’è chi dice "non ho ancora una pianificazione ben definita" e chi deve prima sentire un altro parere, per capire quale sia “il modo migliore per”. C'è chi sa che d’inverno non riesce ad essere costante nell’attività fisica e chi vuole rivedere un’ultima volta quel dettaglio del testo. Ognuno ha la propria tecnica preferita, per continuare a rimandare.

Firenze, stretti uno accanto all’altro, attendiamo la partenza schierati disciplinatamente nella nostra griglia. Sconosciuti ma tutti con in testa lo stesso pensiero, la sfida con noi stessi dei 42 km (e 195 metri, e garantisco non si tratta di un eccesso di precisione) che stiamo per affrontare. La mattinata è fresca ma già luminosa, perfetta per una gara. Scambiamo qualche parola, ognuno tra voglia di raccontare il suo sogno e un po’ di ritrosia (e scaramanzia) nell’esporsi troppo.

Corro e parlo di corsa. Lo so. Tanto. Forse per qualcuno anche troppo. Ma la corsa è una passione che, indubbiamente, definisce una parte di me.

..e altre favole della buonanotte

A quanto pare il giorno in cui hanno distribuito la capacità di arrendersi io ero assente. Il che, detto così, potrebbe anche sembrare una bella cosa. E lo è, finché non arrendersi significa avere la giusta dose di testardaggine, la capacità di difendere ciò di cui si è convinti, la voglia di provarci ancora una volta. Dopo aver preso in considerazione i rischi e i vantaggi e aver deciso che questi ultimi sono un motivo sufficiente ad affrontare i primi.

Quando vado verso un obiettivo, invece, a me spesso il passaggio razionale manca totalmente. Semplicemente, l’opzione mollare il colpo non viene nemmeno contemplata. Si tratta di una questione di principio. Resistere, resistere, resistere.

Fino a ieri.
Credevo.