Quante parole ha il tuo dizionario delle emozioni?
05 Novembre 2019
“Spero sia stata una splendida giornata”, diceva il messaggio di Daniela. Stavo per rispondere che, in realtà, ero un po’ triste. Poi ci ho pensato meglio, e ho realizzato che triste non era la parola che descriveva il miscuglio di emozioni che avevo in quel momento nella pancia.
Mi sentivo malinconica, pensierosa, forse un po’ delusa. Non triste.
D’altra parte il linguaggio che servirebbe per raccontare le nostre emozioni sembra essere una lingua straniera che non conosciamo.
E, d’altra parte, nessuno ce l’ha mai insegnata davvero.
Di emozioni si è parlato molto, negli ultimi anni.
Per provare a riabilitare le cosiddette emozioni negative, come è successo con la rappresentazione della Tristezza nel film del 2015 Inside Out.
Oppure per studiarne i meccanismi scientifici e fisiologici, attraverso scansioni che mettono in rilievo l’accendersi delle diverse parti del cervello nelle reazioni istintive, nei momenti in cui sentiamo accelerare il battito del cuore, in cui speriamo di sparire, cerchiamo di fuggire, o vorremmo invece che il tempo si fermasse.
Io come molti ho indossato per lungo tempo una corazza che pensavo mi proteggesse dai possibili attacchi del mondo esterno. Con il risultato di attutire però anche le sensazioni che provavo, tanto da rendermi conto, ad un certo punto, di essere quasi incapace di distinguere tra le sfumature di quello che provavo.
E quindi di esprimerle compiutamente.
Perché quando inizi ad ascoltare le tue emozioni, il bisogno di poterle dire con precisione e pienezza si fa prepotente.
È così che ho iniziato a lavorare sulla mia alfabetizzazione emotiva.
Un primo strumento è la mappa delle emozioni di Plutchik, psicologo statunitense che mescolando e contrapponendo le diverse intensità delle emozioni primarie, ha sviluppato questo modello che ci aiuta a ragionare sulle diverse gradazioni di ciò che stiamo provando.
È rabbia o irritazione? Sono ansioso o solo pensieroso?
L’atto del nominare è sempre stato una rappresentazione di potere.
Apprendere le parole per descrivere le nostre emozioni cambia la nostra percezione: non sono infatti semplici riflessi di una reazione biologica, ma dipendono dalla cultura in cui viviamo, dai nostri pensieri, dai nostri pregiudizi. E, appunto dal nostro linguaggio, modificando in ultima analisi quello che siamo convinti di poter o non poter fare.
Possiamo osservare la loro evoluzione nella storia, come il concetto di noia passato dalla connotazione positiva dell’otium romano, segno del benessere che permetteva di astenersi dalle attività pratiche, fino all’accidia, condannata dalla morale cristiana come pericoloso spazio per il peccato.
Oppure possiamo osservare le differenze geografiche, come lo studente Pei-Ying Lin che ha cercato connessioni per disegnare un vocabolario globale delle emozioni, rappresentando le costellazioni che dalle sensazioni più comuni arrivano quelle meno consuete, dalle parole quasi consumate dall’uso fino a quelle che non sappiamo dire, perché magari nella nostra lingua non esiste un termine per loro.
Unspeakbleness, indicibilità, è un progetto che affascina.
Perché il solo fatto di scoprire che, in qualche parte del mondo, esiste un popolo che ha voluto dare nome a un’emozione, significa darci la possibilità di ascoltare noi stessi in un modo diverso.
Intanto continuo a collezionare parole per esplorare la mappa delle emozioni umane, con tre libri molto diversi tra loro e tra cui scegliere a seconda di quello che cerchi:
Se preferisci un approccio razionale, da emisfero sinistro:
- Atlante delle emozioni umane, di Tiffany Watt Smith – Come dice il sottotitolo “156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai”. Un viaggio nella storia e nella geografia delle emozioni, in cui si inizia incuriositi dallo scoprire sentimenti che nemmeno avremmo immaginato potessero esistere e si finisce con la voglia di costruire un linguaggio comune che ci permetta di capire e raccontare le emozioni quotidiane, nostre e delle persone che ci stanno accanto
Se preferisci il colore, da emisfero destro:
- Emozionario. Dimmi cosa senti, di Cristina Núñez Pereira. Dicono sia un libro da bambini, ma non per questo è meno prezioso per gli adulti. Illustrazioni e descrizioni di un percorso che va dalla tenerezza allo stupore, dall’attesa alla gratitudine. “La confusione è un miscuglio disordinato di sensazioni. […] Tranquillo, capita a tutti” A volte fa bene vederselo ricordare.
Se nelle parole cerchi stupore e poesia:
- Consolations: The Solace, Nourishment, and the Underlying Meaning of Everyday Words, di David Whyte. Il mio libro da comodino, quello a cui torno quando ho bisogno di trovare sfumature di bellezza in quelle parole che sembrano consumate dall’uso. A volte cercando un senso differente in quello che sento, altre aprendo a caso per essere sorpresa da quello su cui cadranno per caso i miei occhi.
Quando non capisco il miscuglio di emozioni che ho dentro leggo qualche pagina. Provo a sentirle. E mi dico che prima o poi imparerò anche io a dirle.
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