Il lato positivo delle emozioni negative

Fin dagli anni ’50 si riflette su come la psicologia e la ricerca sulle emozioni possono andare a sostenere non solo situazioni di disagio, ma anche guidare verso meccanismi per una buona salute mentale: ecco così la diffusione della psicologia positiva di Martin Seligman o iniziative come Action for Happiness, no profit inglese che riunisce persone che vogliono contribuire al cambiamento sociale attraverso azioni pratiche in questa direzione.

Così oggi di felicità sappiamo un sacco di cose: che non la possiamo raggiungere da soli ma coltivando le relazioni con chi ci sta accanto, che ha a che fare con lo spazio in cui viviamo e il clima dell’ambiente in lavoriamo, con il movimento e la cura di noi, con la gratitudine e il senso di ciò che facciamo.

Non so a voi, ma a me tutta questa enfasi a volte crea un po’ di ansia. 

Ricordo ancora, saranno passati dieci anni, un giorno in cui ero in trasferta di lavoro e una collega, che evidentemente non mi conosceva così bene, di fronte al mio insolito silenzio ha iniziato a tempestarmi di domande su cosa ci fosse che non andava. Con il tempo ho imparato a gestire meglio situazioni del genere (anche se sono quelle in cui più facilmente mi può sfuggire un tono di voce poco conciliante), e lei ha imparato a riconoscere quando è meglio ripassare più tardi. Ma quella volta credo di averle detto chiaro e tondo che quella mattina era meglio non rivolgermi la parola.

Non sempre sono felice, e quando capita vorrei sentirmi in diritto di essere nervosa, irritabile, magari anche un po’ lamentosa.

Il paradosso dell’enfasi data alla felicità è che tutte le emozioni che non rientrano nel suo spettro d’azione sembrano da minimizzare, quasi da cancellare.

Le chiamiamo addirittura emozioni negative, e spesso ci convinciamo sia sbagliato persino provarle.

Con le emozioni non ho mai avuto una grande confidenza. Come tutti ho vissuto momenti buoni e altri in cui ero a terra, ma il mio approccio era sempre quello di non soffermarmi più di tanto a rimuginare sul come e sul perché. Sono una persona pratica: se sto bene, non mi faccio domande ma cerco di apprezzare il più possibile quello che succede. Se sto male, butto giù e mi rimbocco le maniche per cercare di cambiare le cose.

Per me fare è sempre stato (ed è ancora) molto più semplice che sentire.

Solo che a un certo punto mi sono resa conto che così mi sentivo sempre “solo un pezzo”. Mentre avevo bisogno di sentirmi completa.

Testa e corpo. Azione e sensazione. Energia e quiete.

Dividere le emozioni in positive e negative è una strategia che sembra rendere la vita meno complicata, indirizzandoci a tenere ciò che va bene e mettere da parte tutto il resto.

Ma davvero provare a zittire le emozioni negative contribuisce al nostro benessere?

Quando ho letto il libro della psicologa Susan David intitolato Agilità Emozionale, mi sono subito riconosciuta nelle strategie descritte e dietro cui ci nascondiamo. Non conoscevo però la sua storia personale, che ho scoperto nel Ted Talk in cui parla del coraggio di affrontare le proprie emozioni. Orfana di padre a 15 anni racconta

“Non ho abbassato la mia media dei voti a scuola. Alla domanda come me la stavo cavando, alzavo le spalle e dicevo: “Ok.” Ero elogiata per la mia forza.

“Ero la signora dell’essere Ok.”

Una facciata da “va tutto bene” per adattarsi alla cultura della positività, convinta di non poter condividere quello che sente.

Il dolore è considerato negativo, non sta bene esporlo, perché al suo cospetto non sappiamo cosa fare.

Nei suoi studi la David scopre che quasi un terzo del campione interpellato giudica se stesso per le emozioni negative che prova, in particolare per la rabbia, l’invidia, la tristezza.

“Voglio solo che questa sensazione vada via.” 

Quante volte l’abbiamo pensato? Solo che non è possibile. E, vorrei aggiungere, per fortuna.

Le emozioni negative ci aiutano ad affrontare il mondo per quello che è, invece che aspettare che diventi quello che vorremmo che fosse.

Un’attesa che, lo sappiamo, non si realizzerebbe mai.

La rabbia per quello che non troviamo giusto ci ricorda i valori in cui crediamo, e ci aiuta a interrogarci su come metterli in pratica nel quotidiano. L’invidia ci mostra il coraggio che non abbiamo avuto, e ci mostra la possibilità di fare un cambiamento anche minimo verso quello che non abbiamo realizzato (cioè, non ancora). Energie che possiamo utilizzare per sbloccarci dall’impasse in cui ci a volte ci sentiamo, e muoverci in una direzione che ci corrisponda maggiormente.

Le emozioni negative sono una freccia, che indica ciò che conta di più.

Laura Cerioli
laura.cerioli@yahoo.it

People Partner | HR Transformation | Leadership Development. Lavoro a supporto di aziende in crescita, in quella delicata fase di passaggio che richiede di rivedere, ottimizzare e sistematizzare i processi interni dedicati alla gestione e allo sviluppo delle persone.

No Comments

Post A Comment