Se è vero che i clienti che ti arrivano sono una delle prove che la tua comunicazione è autentica e ti rispecchia, mi dico da sola che sono sulla buona strada. La maggior parte delle volte che mi ritrovo a fare una chiacchierata conoscitiva con un nuovo cliente, è come se ci riconoscessimo. Non che siano tutti uguali: ho parlato con donne e uomini, con chi era alla ricerca della prima esperienza di lavoro e con chi di esperienza ne aveva 20 anni, con chi voleva trovare spazio per sé e con chi non aveva idea di cosa voleva fare da grande.

Ma la domanda resta sempre la stessa.

È possibile?

Quella di dieci giorni fa aveva tutte le premesse di  una mattinata perfetta. La luce radente del sole autunnale, l’aria frizzante e i colori delle foglie, le gambe che fanno girare i pedali per andare a lavorare dopo mesi in un posto che non fosse casa. Per andare a parlare di leadership a un gruppo di imprenditrici, per sperimentare finalmente sul campo il modello di Brené Brown che negli ultimi due anni ho studiato e approfondito, su cui mi sono certificata e che ho tradotto per renderlo disponibile a tutti, al di là della barriera linguistica.

Aveva le premesse di una giornata perfetta, invece tutto quello che avevo sentito fino a quel momento era rabbia.

Rabbia mentre spegnevo la sveglia, rabbia mentre correvo nel silenzio della città ancora addormentata, rabbia mentre preparavo il caffè.

Se mi fosse capitato un paio di anni fa, avrei buttato giù. Avrei fatto finta di niente, all’esterno andando avanti come se niente fosse (che gli impegni si rispettano, che sul lavoro non si portano le proprie paturnie, che se tanto non si può risolvere allora non vale nemmeno la pena parlarne), dentro accumulando frustrazione e un groviglio allo stomaco cacciato sempre più nel profondo.