Vetralla – Monterosi, 31 km circa

Ogni giorno è uguale, ogni giorno è differente.

Ogni giorno è uguale perché l’essere umano è un animale che vive di abitudini, e in questo il pellegrino non fa certo differenza. Soprattutto al mattino, ciascuno ha il suo preciso rituale, la propria sequenza di azioni ben collaudata. La preparazione dello zaino, essenziale per non rischiare di dimenticare qualcuno dei preziosi oggetti, scelti uno per uno, per lui indispensabili. Calze e scarpe, per affrontare le migliaia di passi fino alla prossima meta. Le provviste di cibo e acqua da portare con sè, in quel personalissimo equilibrio tra necessità di avere sempre la giusta energia e non caricarsi di peso eccessivo.

Ma ogni giorno è anche diverso perché diversi saranno i passi, i luoghi, le persone che si incontreranno. E, naturalmente, perché diversi siamo noi.

Viterbo – Vetralla, 19km teorici, non pensiamo a quelli reali

And I have no reason/ no reason to get back/ and I have no religion/ and I don’t know what’s what/ and I don’t know the limit/ the limit that we’ve got (Zoostation, U2)

Sto camminando sul ciglio della strada. Un’utilitaria bianca mi supera. Inchioda, si ferma praticamente in mezzo, una signora anziana apre la portiera e si sporge “Signorina, vuole un passaggio?” Sorrido. Ringrazio, le spiego. “Quindi non si è persa, vuole proprio camminare!”. Esatto. Capisco sia fuori dagli schemi di… quasi tutti effettivamente. Però la signora se ne va sorridendo, e tanto mi basta.

Acquapendente – Montefiascone, 42,195 km 

Quando stamattina sono arrivata nella piazza principale di Acquapendente, confesso di essermi chiesta se fosse stata proprio una buona idea: dopo quattro giorni di silenzio, atmosfere rarefatte, orizzonti tutti per me… perché scegliere di fare questa tratta della Via proprio in questa domenica, in cui insieme a me ci sarebbero stati gli oltre duemila partecipanti della European Francigena Marathon?!

Radicofani – Acquapendente, 24 km (+6,5)

Arriva sempre. Il giorno che fa di tutto per convincerti che si metterà storto in ogni cosa che proverai a fare. Sbaglierai ad un bivio, il bar su cui avevi contato per la colazione sarà chiuso, passerai per un punto panoramico e non vedrai più in là di qualche metro. Bada bene, non è detto che tutto si metta storto davvero. Ma la sensazione sarà quella, e se non te ne accorgi in tempo… rischia comunque di mandarti di traverso ogni cosa.

San Quirico d’Orcia — Radicofani, 32 km

Step by step/ I’ve come closer to reaching the top/ Every step must be placed so that I don’t fall off… (No Doubt)

La strada che porta a Radicofani è il tappone di montagna con arrivo in salita del pellegrino francigeno. Tutti ne parlano con reverenza, rispetto, a volte quasi timore. E venne il giorno.

Effettivamente quando all’improvviso la rocca si staglia in lontananza sulla vetta del colle, la reazione è duplice: da un lato la sensazione positiva di vedere la propria destinazione. Dall’altro la consapevolezza di quanto questa destinazione sia lassù. Molto, molto, molto lassù.

 

Lucignano D’Arbia – San Quirico D’Orcia, 33 km

Io/ camminerò/ tanto che poi/ i piedi mi faranno male..

La prima volta che ho provato ad affrontare un Cammino, ho incontrato un organizzatissimo gruppo di friulani che mi ha prontamente adottato per i giorni successivi. La più agguerrita tra loro era un’arzilla ultra cinquantenne che, oltre ad avere nel proprio palmares diverse Marathon des Sables e altre amenità simili, portava sulle spalle uno zaino che avrebbe probabilmente stroncato anche un 25enne ben allenato. Nello zaino era contenuto tutto ciò che la signora riteneva strettamente indispensabile per il percorso. Compreso un catino e un kg di sale grosso per il pediluvio serale. Ora, forse non mi sento di adottare lo stesso approccio purista, ma diciamo che, in questo momento, quanto meno le chiederei volentieri in prestito il catino.

Monteriggioni – Lucignano D’Arbia, 37km… +2

Sembra un paradosso, ma ogni volta che ci si mette in cammino il tempo sembra dilatarsi proprio mentre rallenta il movimento. Arrivi a sera e pensi che, anche se ti sei spostata solo di qualche decina di chilometri, è quasi come se avessi vissuto più volte la stessa giornata.

Milano – Empoli – Castellina in Chianti – Monteriggioni

Una mattina come tante altre. Uscita con la divisa d’ordinanza, un abitino e la borsa del computer, il badge e le chiavi della macchina. Ma nello stomaco la sottile agitazione di ogni vigilia, come se ogni partenza fosse un regalo da scartare. Perché per me ogni partenza *è* un regalo da scartare.

Le ore della mattina scivolano rapide, pregusto il viaggio in treno che mi condurrà a replicare quel rituale di semplificazione che ha preso corpo con la preparazione della borsa. Smetto i panni ufficiali e mi infilo in quelli del viandante. Controllo ancora una volta i biglietti, la mappa del percorso, la Credenziale. Allaccio le scarpe, carico lo zaino. Ora di chiudere la porta di casa. Nonostante il peso, mi sembra che il passo sia già più elastico.

Le FS fanno la loro parte per rendere una piccola avventura anche questa fase di avvicinamento. Alta velocità fino a Firenze, poi si esce dalla direttrice patinata frequentata da turisti e clienti business per spostarsi in una realtà più vera, coi suoi treni di modernariato, tra pendolari che sono indecisi se sognare di riuscire a sedersi o di arrivare in orario.

Per fortuna pare che oggi ci sia toccata la seconda opzione: il regionale è affollato ma procede regolarmente, depositandomi ad Empoli quasi in perfetto orario. E qui, mi allontano un altro passo da quel ritmo frenetico che sto per dimenticare. Sul binario cinque mi aspetta una littorina, due vagoni con le finestre a ghigliottina che solo il capotreno può aprire e una sfilza di fermate che evocano colline a perdita d’occhio: Granaiolo, Certaldo, Poggibonsi, Barberino in Val D’Elsa..

Osservo le nuvole fuori dai finestrini, il sole scalda ma non mi sembrano del tutto innocue. Al momento, confesso che il meteo è l’unico elemento che mi da qualche preoccupazione. So cosa vuol dire camminare sei ore sotto la pioggia. E, potendo, eviterei volentieri. Ma so anche che camminare significa imparare ad accettare la giornata che ti capita. Per lo meno, ad accoglierla. Fa sperimentare nel modo più diretto cosa significa «Se non c’è soluzione, a che serve preoccuparsi?», offre un ottimo esercizio per smorzare il desiderio di tenere il più possibile sotto controllo ogni aspetto della nostra vita.

Scendo dal treno e per un’istante mi sento persa. Non so perché mi ero convinta che avrei visto da lontano le mura e le torri di Monteriggioni ad indicarmi la direzione. Invece i miei primi passi sono meno romanticamente sul ciglio della Cassia, con le auto che sfrecciano a una spanna.

Per fortuna, solo per poco. Una sterrata lungo il fiume, il profumo dei fiori, una curva, ed eccola.

La strada bianca si inerpica, attraverso la Porta di Ponente, sono a Monteriggioni, punto di partenza del mio percorso.

Domani, verso Siena e oltre.

Giorno zero, 297 km a Roma.