In viaggio contromano

Da bambina, non ho mai sognato il giorno del mio matrimonio. Dei giochi d’infanzia ricordo un sacco di tela che racchiudeva i mattoncini con cui passavo interi pomeriggi a costruire città, la mia automobilina preferita, blu con il numero bianco, il muro di cinta che scavalcavo arrampicandomi sul ramo di una pianta di fichi. Già allora ero allergica ai confini, a quanto pare.

Forse scrivo proprio per questo.

Perché, come ho letto in un bellissimo pezzo di Bianca Borriello,

"Gli uomini raccontano storie per accorciare le distanze. Le distanze tra se stessi e gli altri, le distanze tra l’incomprensibile e il compreso, le distanze tra l’accaduto e il ricordo."

Il mio bisogno di indipendenza, di ricerca, a volte mi fa sentire sola.

Anche se ho la mia rete che mi protegge, che mi fa sentire sicura persino quando sono a migliaia di chilometri di distanza. Sarà per questo che sento una stretta al cuore quando vedo una coppia anziana che cammina lenta, tenendosi per mano.

Dentro e Fuori - Tutta questione di Prospettiva

Una mattina ricevo il messaggio di un’amica: “Posso chiederti un parere?”. Vorrebbe candidarsi ad alcune opportunità lavorative, ma si sente bloccata. Se penso a lei vedo una persona con un percorso professionale solido, con competenze specifiche e ben dimostrate dal suo curriculum, una che addirittura ad un certo punto ha deciso di investire su se stessa e si è rimessa a studiare.

Lei, invece, sono settimane che si chiede persino se abbia senso provare a proporsi. Per dire della differenza che ci può essere tra “dentro” e “fuori”, tra quello che vediamo di noi stessi e l’immagine che trasmettiamo.

Raccontami una storia

Si dice che, quando leggiamo un libro, non stiamo semplicemente leggendo ciò che abbiamo sotto gli occhi. In ogni storia cerchiamo noi stessi, e lo stesso avviene con le parole che ci vengono dette, con le situazioni che affrontiamo quotidianamente. Abbiamo bisogno di dare una spiegazione, di trovare il nostro senso.

Opposti in equilibrio

Chissà perché, in qualunque parte del mondo cammini, ad un certo punto trovi una pila di pietre disposte una sopra l’altra. Cercando l’altezza, cercando l’equilibrio.

Forse la prima volta in cui mi sono trovata in bilico tra due strade divergenti è stata la scelta della facoltà universitaria. Da un lato, le lingue straniere - che per me rappresentavano il desiderio di poter comunicare direttamente con persone di provenienza e cultura diversa. Dall’altra, l’astronomia - lo spazio, il mistero, le stelle. Non ho avuto il coraggio di scegliere la strada meno comune, convinta che non potevo essere abbastanza brava da trovare il mio posto in un mondo ristretto come quello di chi passa la sua vita a studiare il cosmo. Certamente, due strade apparentemente inconciliabili: già a diciott’anni mi sentivo in equilibrio precario tra poli opposti.

5 cose che non credevo

Da quando mi sono messa in proprio, un giorno sì e uno pure mi ritrovo con la sensazione di navigare a vista. Certamente - fai il  business plan, cerchi di capire il tuo target, prevedi il tuo calendario editoriale, scrivi post e fai foto e partecipi ad eventi di networking e disegni il tuo servizio. Insomma, segui tutte le regole di chi lo ha fatto prima di te e quindi si suppone ne sappia più di te.

E sono tutte cose che vanno benissimo.

Solo che non sono abbastanza.

Laura-Cerioli-Felicità-Valle-dAosta-Amicizia

Glielo dirò quando… Lo farò quando… Inizierò quando… sarò felice quando...

Ci raccontiamo che se non abbiamo ancora raggiunto un obiettivo è solo perché non abbiamo avuto tempo a sufficienza, e nel frattempo restiamo in movimento perpetuo, alla ricerca costante della prossima occasione per dimostrare.

Magari ci siamo impegnati al massimo per un risultato per poi renderci conto, una volta che lo abbiamo raggiunto, che in realtà non era cambiato niente. Che eravamo nervosi, preoccupati, insoddisfatti come prima di aver iniziato.

Oppure abbiamo mille idee, ma per realizzarle ci diciamo che dobbiamo essere pronti. Peccato che la vita sia cambiamento costante e quindi probabilmente questo momento perfetto non arriverà mai.

In ogni caso, viviamo aspettando di essere finalmente felici. Come se fosse un dono dall’alto, che prima o poi arriverà.

Solo che, di solito, non funziona proprio così.

Resilienza e resistere

Pietro Trabucchi è esattamente come te lo aspetti dopo aver letto i suoi libri. Fisico asciutto, età indefinibile, uno che appena apre bocca ti fa capire che alle parole preferisce i fatti.

E in effetti, in questo giovedì sera milanese in cui è stato invitato a parlare di resilienza, non si perde in chiacchiere.

Ho letto Perseverare è umano qualche anno fa. E ho subito iniziato a regalarlo. È un po’ la prova di quanto mi sia piaciuto un libro, quando lo regalo. Vuol dire che ci ho trovato dentro qualcosa di tanto vero che mi sembra impossibile tenermelo solo per me.

Certo, sono di parte. Da maratoneta come potevo restare indifferente a chi abbraccia la teoria secondo cui l’origine della nostra forza di volontà è da individuare nelle infinite battute di caccia con cui l’uomo primitivo sfiniva le prede per poterle poi assalire?

Guardiamoci allo specchio. Dal punto di vista evoluzionistico siamo degli animali che avrebbero ben poche possibilità di sopravvivere, se ci affidassimo alla sola forza fisica. Così per millenni abbiamo fatto affidamento sulla nostra motivazione e sulla capacità di sopportare, per raggiungere un obiettivo.

La resilienza.

"Ti scrivo per chiederti: dal momento che hai deciso di cambiare vita, non hai paura, anzi terrore, di non riuscire a guadagnare a sufficienza per mantenere te e le tue passioni?”

Da quando ho aperto il blog, mi capita di aprire la posta e trovare un messaggio da una persona che non conosco. A volte, una domanda come questa.

È una delle cose che mi rende più felice, vedere che le mie parole diventano un dialogo. Anche quando la domanda non è semplice. Forse proprio perché la domanda non è semplice.

Così rileggo le due righe, e quelle che seguono. Mi fermo, ci penso.

E poi rispondo che no, non ho paura.

La prima settimana di gennaio non è fatta solo di obiettivi. Il secondo rito con cui mi piace accompagnare questo momento è quello di scegliere la parola che accompagnerà il nuovo anno.

 

Anche di questo esercizio non avevo mai sentito parlare. Poi a dicembre di due anni fa sono capitata per caso in mezzo ad una discussione su quella che chiamavano

la Parola dell’Anno.