26 Mag La sala d’attesa della transizione (e come uscirne)
La sala d’attesa è luminosa, ma non della luce calda che si immagina adesso che la primavera è arrivata, con il sole che scalda la schiena attraverso le finestre spalancate.
La sala d’attesa è lucida di metallo, con le sue seggiole allineate lungo le pareti. Qualcuno sfoglia una rivista, qualcuno scorre le notizie sul cellulare. La sensazione, per tutti, è quella di star perdendo ancora tempo.
La sala d’attesa è silenziosa, la porta da cui siamo entrati chiusa alle nostre spalle, quella di fronte ostinatamente chiusa.
Io me la immagino così, la metaforica sala d’attesa in cui siamo seduti in questo momento. Quella che si trova tra il prima e il dopo, tra la fine e l’inizio. Quella che ci racconta il pezzo di storia che nessuno ci aveva mai detto, o che non avevamo capito, o voluto capire.