Tutti i posti sono eguali e contrari, se manca la prospettiva. (Luigi Pintor)

[questo è un post a quattro mani, nato da una frase condivisa qualche giorno fa da Eleonora che mi ha particolarmente colpito. Abbiamo iniziato a parlare, a riflettere sul concetto di prospettiva, a scrivere. Ecco quello che ne è venuto fuori]

“Quando Golia si mosse contro gli Israeliti, tutti i soldati pensarono: ‘È così grande che non potremo mai vincerlo’.
Ma Davide guardò il gigante e disse: ’ È così grande che non posso mancare il bersaglio”.
(Russ Johnston)

[L’una, ovvero io] Penso spesso alla prospettiva. Perché sono una viaggiatrice, perché sono una scrittrice, perché sono una fotografa.

Ci ho sempre pensato, in realtà, perché tutto il mio percorso professionale è cresciuto nelle Risorse Umane, il che per me significa lavorare con le persone e soprattuto *per* le persone – quindi non dare per scontato il mio punto di vista ma, al contrario, mettermi sempre in discussione, cercando di comprendere il comportamento degli interlocutori sulla base del loro contesto, del loro vissuto, della loro percezione.

Mi affascina osservare, osservarmi. Scoprire che la prospettiva ci permette di interpretare quello che vediamo quando arriviamo dall’altra parte del mondo, ma che a volte è ancora più interessante quando l’applichiamo nel quotidiano.

Ecco, probabilmente non immaginavo di trovarmi a riflettere di prospettiva da qui, seduta al tavolo della cucina, chiusa (doverosamente) in casa come tutto il resto d’Italia.

Che io sono una di quelle che non sa stare ferma, una il cui concetto di vacanza è uscire di casa a Milano e camminare fino a Lucca, una che nella macchina fotografica usa un’ottica fissa perché così per cercare la prospettiva devo muovermi, alzarmi o abbassarmi, cercare la giusta linea spostandomi nello spazio, invece di affidarmi a uno zoom che riduce la ricerca di prospettiva a un semplice gesto della mano.

Lo statistico e scrittore Nassim Nicholas Taleb, sostiene che la situazione in cui ci troviamo, questa quasi innominabile pandemia, non corrisponde a quello che lui per primo ha definito cigno nero, perché

“Manca una connotazione essenziale – l’imprevedibilità. […] Erano anni che la comunità scientifica avvertiva che prima o poi sarebbe scoppiata un’epidemia globale.”

Avrà ragione lui che è l’esperto, non lo metto in dubbio, ma credo che per me e per tanti profani della scienza queste giornate lo siano eccome, un cigno nero.

Non è un caso se ci abbiamo messo così tanto tempo a realizzare la reale entità della minaccia a cui ci trovavamo di fronte. E anche adesso che razionalmente lo abbiamo compreso, da parte mia ammetto che al mattino, in quel minuto sospeso tra il sonno e il risveglio, il mio cervello è convintissimo che scoprirò che il brutto sogno è finito.

Trovarsi senza i consueti punti di riferimento è una caratteristica del cambiamento, ma nel nostro mondo addomesticato e un po’ edulcorato, raramente ci è capitato di trovarci a veder sfuggire di mano, una alla volta, tutte (o quasi) le nostre certezze. 

Io che lavoro come libera professionista ho visto un lato della medaglia, Eleonora che è in azienda mi racconta l’altro. Prospettiva, appunto.

Per me il lavoro si è fermato quasi del tutto dal primo giorno. Le aziende che hanno visto cambiare repentinamente le loro priorità per attrezzarsi a un passaggio radicale allo smart working, che si sono trovate a rivedere il loro business, che (spesso, per fortuna) si sono occupate prima di tutto del benessere delle proprie persone.

Da lavoratrice indipendente mi è stato subito chiaro che sarebbero stati mesi di stasi. 

Una stasi che però sarebbe rimasta vuoto, apatia, solo se avessi continuato a misurarmi con i parametri di prima, quei parametri che al momento sono sospesi, e che dubito troveremo invariati alla fine di questo difficile percorso.

Quelli del fare, del realizzare, del dimostrare.

Ma anche le mie priorità sono cambiate. Ho capito che ho bisogno di avere una mia routine di riferimento, e la mia routine è diventata studiare, leggere, progettare. Stare nel momento, come una rincorsa per andare avanti. Sfruttare la creatività per cercare un po’ di leggerezza, trovare nuovi usi per gli strumenti tecnologici, che pur permettendo comunicazioni sempre più veloci sembravano spesso creare distanza, mentre in questi giorni li stiamo riscoprendo come finestre per sentirci più vicini.

Cercare una nuova normalità in prospettiva, per guardare lontano, per guardarci l’un l’altro.

[L’altra, ovvero Eleonora] Prospettiva, per cominciare. Ma quando ho letto quella frase, tra le righe si è fatto spazio un altro significato potente: conoscenza.

In questi ultimi tre anni, alcuni avvenimenti particolarmente toccanti hanno contribuito in modo significativo a farmi capire quanto sia importante conoscersi, conoscere e sapere riconoscere

Ma cosa? Noi stessi, amici, sfumature, nemici, dolori. Meccanismi o comportamenti. Strati di noi stessi. Aziende, persone. Dare alle cose un nome, ma non fermarci a quell’etichetta; continuare a scavare e scoprire cosa quell’etichetta significa per noi. 

La conoscenza è ricerca continua, ci permette di evolvere. 

Conoscere noi stessi, soprattutto, è l’inizio di un viaggio che ci rende consapevoli, umili, ma allo stesso tempo mai modesti, perché via via impariamo a (ri)conoscere quanto valiamo e quanto potremmo ancora valere. 

Ho 36 anni, e ne ho trascorsi quasi 33 per inerzia. 

Finché qualcosa di particolarmente brutto non ha bussato alla mia porta, e quando ha deciso di andarsene mi ha lasciato in compagnia di molti interrogativi: cosa hai fatto fino a ora? Se dovessi ricordare qualcosa di particolarmente bello da raccontare ai tuoi figli, di cosa gli parleresti? Il luogo in cui lavori, in cui trascorri tante ore della tua giornata, il tempo per arrivarci e per tornare a casa, ti soddisfano? 

Alcune di queste domande, non avevano risposta. Ed era quello che più mi spaventava. 

È stato l’inizio di percorsi, cambiamenti, decisioni, rapporti che mi hanno portato a conoscere me stessa, quello che mi spaventa, quello che mi piace, quello che mi soddisfa, quello con cui voglio raggiungere compromessi, quello con cui invece non voglio raggiungere alcun tipo di accordo. 

“Davide guardò il gigante” – per scoprire il suo nemico, per conoscerlo, per vederne i connotati. La conoscenza, invece che provocare terrore, fa nascere il coraggio. Lancio sassi a orsi e altri animali per proteggere il mio gregge, perché stavolta dovrei avere paura? Il gigante non mi spaventa, è così grande non potrò mancarlo. 

Conosco le mie abilità, conosco il mio avversario. 

Questo periodo così fuori dall’ordinario sta forse spingendo molti di noi a conoscere le sfumature di mezzi, metodi e comportamenti, personali e professionali, che erano rinchiusi e limitati da convinzioni profonde e incistate. 

Imprenditori che evitavano di prepararsi al lavoro agile, adducendo motivi organizzativi invece di ammettere il bisogno di controllo di ciò che è più familiare.

Uomini di potere sempre pronti a combattersi, molto meno a mettersi in discussione per combattere un nemico comune. 

Donne e uomini che credevano di star bene dentro la propria casa, che si stanno riscoprendo come coppie, come padri o madri, come individui.

Persone comuni che si stanno scoprendo, perché sono stati costretti ad affrontare la vita di tutti i giorni in un altro modo.

Vedendola da un’altra prospettiva. 

Ho bisogno del bicchiere mezzo pieno e di quell’ottimismo che mi contraddistingue dentro il mio cammino della conoscenza. Della consapevolezza. 

Prendiamo allora tutti questi cassetti in cui abbiamo accumulato e chiuso convinzioni, modi di essere, inerzie.  Apriamoli. Svuotiamoli.

Troviamolo adesso questo tempo. 

Tutti noi: impiegati e imprenditori. Perché no, politici e amministratori delegati. Amici, coppie, scrittori, figli, formatori. Persone.

Regaliamoci questa fatica di andare a capire cosa abbiamo accumulato.

Conosciamo i nostri cassetti, riordiniamoli e gettiamo via quello che non ci piace o che non ci appartiene più. Guardiamoci da un’altra prospettiva e diamoci la possibilità di conoscerci un po’ di più

Riprendendo una citazione che tutto riassume

“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a veder voi stessi. Coraggio! E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”

Coraggio! 

Laura Cerioli
laura.cerioli@yahoo.it

People Partner | HR Transformation | Leadership Development. Lavoro a supporto di aziende in crescita, in quella delicata fase di passaggio che richiede di rivedere, ottimizzare e sistematizzare i processi interni dedicati alla gestione e allo sviluppo delle persone.

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