Francesca Valassi Correre nel deserto

Suona male se confesso che la prima cosa che ho pensato è che dovevo esserci io, al suo posto? Probabilmente sì, ma quando ho saputo che Francesca era stata scelta per correre nel deserto del Negev con Donna Moderna, non posso negare che la prima reazione sia stata quella.

Ci avevo sperato: mi ero candidata il giorno stesso in cui sono state aperte le iscrizioni, e poi mi ero messa ad aspettare. A sognare il deserto. Che è uno di quei paesaggi che non lascia indifferenti: c’è chi lo associa alla privazione, lo immagina come assenza di vita, una distesa piatta e implacabile. Non ho mai visto un deserto di sabbia, forse anche io in quel mare ondulato e disorientante mi sentirei persa. Ma dal Mojave al nord del Cile, ogni landa in cui il mio sguardo ha potuto spaziare tra cactus e sassi e magri cespugli che si aggrappavano testardi alla propria idea di sopravvivenza mi ha dato un senso di libertà come pochi altri luoghi al mondo.

Resta il fatto che non mi hanno scelto, e invece hanno scelto lei.

Oltrepo Trail - Trail Running Academy

Ho saltato un’intera stagione, ma da un paio di mesi sono tornata sulle colline dell’Oltrepo Pavese con il mio gruppo.

Il

Mio

Gruppo.

Mi fa un certo effetto scriverlo. Sono un battitore libero, una la cui routine sportiva preferita è quella di uscire in solitaria alle sei di mattina.

Ma il trail è uno sport diverso, rispetto alla corsa su strada.

Certo, anche qui si macinano chilometri, si esce quando fuori è ancora buio, si fa fatica per giustificare il proprio desiderio di carboidrati. Ma qui c’è un senso scanzonato di non prendersi troppo sul serio, forse perché è difficile essere seri quando sei coperto di fango dalla testa ai piedi. Il trail ti rimette in pace con te stesso e con il mondo, forse per la bellezza dei paesaggi che attraversi o forse perché alla fine sei talmente stanco da aver dimenticato perché prima di iniziare eri incazzato, o stressato, o nervoso.

Soprattutto, il trail è uno sport di gruppo in cui vale una delle regole fondamentali della montagna: non si abbandona nessuno, quindi nelle uscite si va al passo del più lento.

Ma come imparare a scegliere meglio, come decidere quanto rischiare?

Villa Pisani Stra

Quando devo scegliere, non ho mezze misure.

Se la questione è importante, spesso mi trascino all’infinito nel dubbio, come se soppesare e sezionare allo sfinimento ogni dettaglio mi permettesse prima o poi di scoprire qualcosa che mi era sfuggito.

D'altra parte una volta che la decisione è presa, chiudo gli occhi e salto. Niente tentativi, niente ripensamenti. Le parole sono importanti e quando arrivo a dire no, oppure sì, volto pagina e non mi chiedo più cosa sarebbe stato.

Vi siete mai chiesti perché il percorso che ci porta a scegliere è così complicato?

A quanto pare è colpa di quella che Dan Gilbert definisce la psicologia del nostro “sé futuro”, cioè l’idealistica convinzione che, in qualche modo, arriverà un momento in cui “diventeremo quello che siamo”.

Ma siamo proprio certi che questo nostro perfetto e solido "sé futuro" esista?

Coltivare pazienza crescere olivi toscana

Un tempo si diceva che la pazienza è la virtù dei forti.

E non a caso l'etimologia di questa parola si collega non solo all’aspetto temporale dell’attesa, ma anche alla capacità di sopportare senza reagire, rassegnarsi, contenere la propria irritazione. Di patire.

Forse per questo oggi la pazienza è fuori moda. Perché in un mondo sempre più accelerato, in cui ogni domanda deve ottenere una risposta in tempo reale,  mettere un cuscinetto tra noi e il nostro desiderio ci sembra una richiesta incomprensibile, ma soprattutto una perdita di tempo.

Chiusi nella quotidianità di città costruite a misura del nostro intelletto, e non del nostro corpo, ci dimentichiamo che la pazienza fa parte della vita.

La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta. (Confucio)