Il segreto del (tuo) successo

Huaraz_Laguna 69 dove prendi le tue decisioni più importanti?

Ho deciso di non tornare in ufficio seduta su un masso a quattromila metri, davanti al blu ipnotico di una laguna nel nord del Peru. Quando sono scesa, per un attimo ho avuto il dubbio che quell’apparente momento di chiarezza fosse invece carenza di ossigeno causata dall’altitudine, ma per fortuna la scusa che cercavo di raccontare a me stessa è durata poco. Certo, stavo dicendo no ad un lavoro fisso, allo stipendio a fine mese, all’auto. In breve, a una discreta approssimazione di quello che viene comunemente definito successo.

Ma se anche tutto il mondo lo definisse così, quale sarebbe la tua definizione di successo?

Prendere le decisioni per me è sempre una questione di balzi.

Mi tormento all’infinito davanti ad una scelta importante, incerta su come pesare al meglio tutte le opzioni. Una volta fatto il primo salto, però, mi dirigo sicura nella direzione che ho scelto. Ed ecco quindi che, allo shock termico di un rientro che dall’estate australe mi ha catapultato nell’inverno milanese, almeno non ho dovuto aggiungere il peso di mettere in dubbio quello che avevo fatto.

Una domanda però me la ponevo, mentre immaginavo la mia nuova vita da freelance.

Ma non mi sentirò sola?

Può apparire abbastanza paradossale che proprio io me lo chiedessi, visto il percorso che mi aveva portato fin lì. Visti i tre mesi di nomadismo in compagnia del mio zaino. Sono una persona indipendente, ho bisogno dei miei spazi, non mi spaventa fare le cose da sola.

Nel lavoro, però, sono sempre stata inserita in un contesto organizzativo. Ho sempre avuto un capo a cui chiedere, se una decisione era più grande di me. Dei colleghi con un ruolo o responsabilità simili, con cui confrontarmi. Delle direttive, delle regole, degli obiettivi.

Mentre adesso un po’ la paura mi girava in testa.

Con chi ti confronti se gli altri liberi professionisti sono temibile concorrenza da combattere?

Spoiler – essere freelance non è una guerra

Non è colpa nostra, le frazioni hanno iniziato a insegnarcele alle elementari e da allora abbiamo ben fissa in testa la torta da tagliare a fette. Se invece che da sola la devo dividere con qualcuno, ecco allora che vado a perderci.

Il passaggio mentale è chiaro. Un mercato, tanti liberi professionisti. Meno torta.

Abituati a ragionare partendo da un principio di scarsità, spesso ci blocchiamo pensando che la condivisione ridurrà automaticamente il nostro risultato.

Dimenticando che le idee che si scambiano non si consumano, anzi spesso crescono.

Potevo scegliere se chiudermi a riccio o cercare il riferimento di persone con cui confrontarmi. E non so se ho scelto la seconda strada o è lei che ha scelto me.

Perché avevo deciso di voltare pagina rispetto a quindici anni di militanza aziendale? Probabilmente, anche per essere libera di misurare in modo molto diverso la mia idea di successo.

Non tutto è andato come lo avevo immaginato. All’inizio l’ho presa come una batosta, poi ho iniziato a distinguere tra le cose che puoi controllare e quelle che non ti chiedono il permesso. Ho provato a cercare, senza fissarmi su quello che avrei dovuto trovare. A rallentare il passo per guardarmi intorno. Se vedevo qualcosa di interessante, a fermarmi.

Abbiamo paura della concorrenza perché, nel contesto aziendale a cui siamo abituati, ci specchiamo costantemente in persone tanto simili a noi da convincerci che il mondo sia fatto tutto così.

Fuori la prospettiva può essere radicalmente diversa.

E ti puoi rendere conto che, molto spesso, uno più uno alla fine fa tre. Perché punti di vista differenti non portano semplicemente nella stessa direzione in modo più veloce.

Creano direzioni nuove che prima non esistevano.

Una collaborazione non è semplicemente “fare le cose insieme. Forse è anche regalare all’altro un punto di vista che non vede più o non ha ancora visto. Con Alessandro abbiamo condiviso tre mesi: di confronto, preparazione, serate di presentazione di libri sul tema del cammino ed esercizi di coaching per vivere pienamente quest’esperienza.

Poi a inizio mese sono riuscita a vederlo per la prima volta nel suo habitat naturale. In un parco, mentre raccontava alle persone della sua filosofia del cammino e ci guidava a prestare attenzione a cose apparentemente banali come il respiro, lo sguardo, il ritmo.

Corro quattro volte a settimana, ho completato 8 maratone, ogni volta che posso mi sposto in sella alla mia bicicletta. Ma quella mattina ho scoperto di non saper respirare.

Mi sono trovata ancora una volta a pensare a quanto spesso diamo per scontato qualcosa che non lo è affatto. A quanto spazio c’è, sempre, per crescere e migliorare.

E a come, alla fine, per me il successo è semplicemente provare a dare e imparare a ricevere, aprirsi al mondo, costruire.

Laura Cerioli
laura.cerioli@yahoo.it

People Partner | HR Transformation | Leadership Development. Lavoro a supporto di aziende in crescita, in quella delicata fase di passaggio che richiede di rivedere, ottimizzare e sistematizzare i processi interni dedicati alla gestione e allo sviluppo delle persone.

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