Qualche mese fa mi è venuta voglia di provare a disegnare.
Non era uno dei miei passatempi da bambina. Mi rivedo sdraiata sul pavimento a costruire città e storie con i mattoncini. Ricordo infiniti pomeriggi ad esplorare il mondo al di là del muro di cinta, che scavalcavo attratta come da una calamita dal senso di mistero di ciò che non avevo ancora visto. O immersa nei libri di mia madre da ragazzina, immagine anche questa sconosciuta e lontana, di cui cercavo indizi in quelle pagine che aveva letto qualche decennio prima di me.
Non mi sono mai considerata una persona creativa. Probabilmente perché associavo a questa parola l’idea di una legittimazione legata al riconoscimento pubblico ed economico.
Chi ti credi di essere? Cosa credi di avere di così eccezionale? Non sei un genio e con la creatività non ci camperai mai, quindi puoi anche lasciar perdere prima di iniziare.
Nessuno me lo ha detto in maniera esplicita, ma in qualche modo è quello che ho assorbito dall’ambiente in cui sono cresciuta. Bisogna studiare per avere bei voti, scegliere un lavoro solido, avere un obiettivo pratico.
Dedicare le proprie energie a qualcosa di produttivo. Ed è esattamente quello che ho fatto.
Poi un giorno sono tornata a casa con un album di fogli bianchi, una matita e una gomma. Ho cercato online un manuale con qualche spunto da cui partire. E ho iniziato.
È strano, mettere mano ad un’attività dimenticata da chissà quanto tempo.
È strano, mettere mano a qualcosa senza chiederti quale sarà il risultato.
Ma è anche molto liberatorio, e mi ha insegnato parecchie cose.